Dimitri Mendeleev (1834-1907), il grande chimico russo, è ricordato principalmente per aver “scritto”, nel 1869, una tabella nella quale aveva disposto in ordine di peso atomico crescente tutti i 63 elementi noti al suo tempo. A mano a mano che procedeva, quando trovava un elemento con proprietà chimiche simili a quelle di uno già incontrato, lo scriveva in una casella sotto il primo, e così via. In questo modo ciascuna riga conteneva atomi con proprietà diverse e ciascuna colonna conteneva atomi con proprietà simili. Le righe si chiamano oggi “periodi” e le colonne “gruppi”. Era una intuizione sbalorditiva: infatti quando veniva scoperto un nuovo elemento, ancora Mendeleev in vita, questo andava a collocarsi proprio in una delle caselle lasciate vuote; non solo, ciascuna posizione nella tabella mostrò di avere un significato chimico ben preciso. Immagino il dispiacere di Mendeleev nel vedere che nella sua tabella c’erano degli enormi vuoti. Dopo il lantanio, che ha peso atomico 138 (138 volte il peso dell’idrogeno) conosceva il cerio che pesava 140 (un metallo usato negli accendini a sfregamento), ma l’elemento successivo noto pesava 180. Deve essere contento, là dove ora si trova, vedendo che tutte le caselle sono state riempite e anzi che quel vuoto è ora pieno di ben 17 elementi: i primi due sono lantanio e cerio, seguiti da elementi dai nomi poetici: neodimio, promezio, samario, europio, lutezio, eccetera, chiamati, per la loro limitata diffusione, ”terre rare”.
Non varrebbe la pena di parlare delle terre rare, o “elementi lantanidi” se non fossero venuti ad occupare delle posizioni commerciali e strategiche enormi, al punto che c’è un intenso crescente sfruttamento delle poche miniere in cui si trovano a bassissima concentrazione, ”rari” appunto. Tanto per capirci ve li nomino tutti, in ordine: lantanio, cerio, praseodimio, neodimio, promezio, samario, europio, gadolinio, terbio, disprosio, olmio, erbio, tallio, itterbio, lutezio. Guardate le pale dei motori eolici che si stagliano contro il cielo delle nostre colline, ruotando lentamente e producendo elettricità. Ebbene questo è possibile perché sono stati inventati dei magneti permanenti che trasformano la rotazione delle pale in elettricità e tali magneti sono costituiti da una lega neodimio-ferro-boro contenente circa il 27 % di neodimio. La lega è stata scoperta quasi contemporaneamente nel 1982 dall’americana General Motors, dalla giapponese Sumimoto e dall’Accademia delle Scienze cinese. Una turbina da 1 megawatt di potenza contiene magneti che richiedono circa 200 chili di neodimio.
Sentite parlare delle automobili ibride, a benzina e elettriche, come la soluzione ecologica del futuro ? ebbene anche in ognuna di queste c’è un motore elettrico con magneti permanenti contenente neodimio. Le auto elettriche, poi, hanno bisogno di batterie di accumulatori a idruri di nichel che richiedono uno degli elementi delle terre rare, il lantanio, con aggiunta di praseodimio, disprosio e terbio. Il neodimio è indispensabile anche in tutti i magneti permanenti di cui siamo circondati, dalla superficie dei CD e dei DVD, a quelle strisce nere delle carte di credito, senza le quali non si potrebbero fare acquisti.
Siete contenti dei bei colori brillanti delle immagini del vostro televisore ? I vivaci toni del rosso sono possibili perché il rivestimento del video contiene europio. I grandi progressi degli schermi di computers e di telefoni cellulari con cui si può comunicare col tocco di un dito sono stati resi possibili da rivestimenti di ossido di indio e stagno. Senza contare l’uso del lantanio nella raffinazione del petrolio e di terre rare nelle ultrasofisticate apparecchiature militari.
La richiesta dei metalli delle terre rare sta rapidamente aumentando e aumenta anche il prezzo dal momento che il monopolio della loro estrazione è cinese, e i cinesi fanno sapere di voler limitare l’esportazione delle terre rare per usarle tutte nei loro grandi progetti di diffusione dei motori eolici e di sviluppo dell’elettronica di consumo che producono e esportano in tutto il mondo. Oltre il 90 per cento di tutte le terre rare prodotte nel mondo, poco più di 100.000 tonnellate all’anno, sono estratte da una grande miniera che si trova a Bayanobo nell’altopiano della Mongolia. La Cina produce il 100 percento delle tre terre rare più “strategiche”: disprosio, terbio e europio, assorbe il 60 % della propria produzione e esporta il resto, ma il grande paese è in rapida espansione e si prevede che aumenterà l’uso interno e diminuirà l’esportazione di terre rare.
Si può immaginare che i paesi occidentali siano ben preoccupati e cerchino altri giacimenti dei minerali da cui è possibile estrarre terre rare. A Mountain Pass, in California, c’è una grande miniera che, negli anni ottanta, era arrivata a produrre 20.000 tonnellate all’anno di lantanio e ossidi misti di neodimio e praseodimio; fu poi chiusa nel 2002 quando la Cina cominciò a invadere il mondo con le proprie terre rare a basso prezzo. Altri giacimenti da cui estrarre terre rare, ma con maggiori costi, si trovano in Canada, in Australia, in Russia; per inciso i minerali contenenti terre rare sono accompagnati da altri contenenti gli elementi radioattivi torio e uranio. Se cesseranno le esportazioni cinesi di terre rare aumenterà il prezzo di molte apparecchiature elettroniche, dei motori eolici e delle tanto attese auto elettriche. Inutile dire che c’è una grande agitazione nei mercati mondiali dei metalli e una febbrile ricerca di nuove leghe adatte per la fabbricazione di magneti permanenti. Una di queste è costituita da cobalto e samario che però è anche lui un elemento delle terre rare. Insomma gli elementi che Mendeleev non conosceva si stanno rivelando più preziosi dell’oro e dei diamanti.
sabato 13 marzo 2010
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