martedì 29 aprile 2014

SM 3652 -- Storia naturale della mucca

La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 29 aprile 2014

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

A guardarla da lontano, con il suo lento ruminare, non si pensa che quel tranquillo animale sia una macchina, non molto diversa da quelle di una fabbrica. Come una fabbrica introduce materie prime e combustibili e produce delle cose utili; così l’erba o il mangime sono le materie prime per il “funzionamento” della mucca che, con la combustione degli alimenti nel suo corpo, vive e produce il latte che arriverà poco dopo sulla nostra tavola. Come una fabbrica “butta fuori” nell’ambiente una parte delle materie in entrata sotto forma di gas e rifiuti e scorie, così anche la mucca, nel suo processo vitale quotidiano butta nell’ambiente gas, urina ed escrementi.

L’esame della storia naturale della mucca fornisce alcune utili informazioni; non è facile redigere una contabilità per gli esseri viventi perché i 1.300 milioni di bovini esistenti nel mondo, 6 milioni in Italia, sono tutti diversi fra loro, ma si possono fare dei conti approssimati. Immaginiamo una mucca ”media” che pesa 500 chili; nel corso di un anno questa mucca mangia circa 3.000 chili di erba e mangimi, e beve circa 10.000 chili di acqua. Qualche tempo prima, la mucca era stata fecondata e aveva partorito un vitello per la cui alimentazione la mucca (come succede per tutti i mammiferi) trasforma una parte del suo cibo nel latte.

sabato 26 aprile 2014

B. Leoci, Codici, merci e rifiuti


Benito Leoci
Università del Salento

L’esigenza di distinguere oltre con un nome anche con un codice o una matricola, prodotti, merci e persino persone, è molto antica, in quanto collegata alla necessità di individuare con precisione, rapidamente e senza possibilità di errori, gli stessi oggetti o persone. Esigenza accresciuta in questi ultimi decenni con la proliferazione di composti e merci di ogni genere. L’attribuzione di un codice ad una molecola, ad un’arma portatile o ad un volume risolve problemi diversi. Nel primo caso si vuole risalire alla formula e alle proprietà chimico-fisiche della molecola, nel secondo si vuole individuare il proprietario o possessore dell’arma, nel terzo caso si vuole facilitare la ricerca del volume (1) in una biblioteca o si vogliono soddisfare altre esigenze (per compilare cataloghi, per motivi contabili, ecc.). L’ultimo settore interessato da un sistema di codificazione è quello dei rifiuti. Nel mentre però negli altri casi è stato relativamente semplice contraddistinguere con un nome o un numero o una sigla l’oggetto o la persona da identificare (si pensi ai mezzi di trasporto, alle abitazioni, al libri, alle partite IVA, ecc.), in altri settori l’impresa si è rilevata più difficile del previsto. Si pensi ai composti chimici e ai loro derivati e ai rifiuti. Esaminiamo più da vicino proprio questi ultimi due settori, in particolare quello dei rifiuti per valutare l’efficacia dei sistemi proposti.

sabato 5 aprile 2014

SM 3643 -- Acciaio meno inquinante ? -- 2014

Geologia dell’Ambiente, 22, (2), 11-15 (aprile-giugno 2014)

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

Di questi tempi l’acciaio non ha buona fama in Italia. Il “caso Taranto”, cioè la scoperta del grave inquinamento provocato dallo stabilimento Ilva ex Italsider, ha messo in discussione la produzione dell’acciaio, ma anche più in generale i “danni” dell’industrializzazione. Non c’è dubbio che la produzione di acciaio non si svolge in un salotto, ma non c’è dubbio che l’acciaio è e resterà tutto intorno a noi, ci piaccia o no. E’ presente nelle abitazioni, nei ponti e nelle strade, in tutte i macchinari, perfino nelle merci più “verdi” ed “ecologiche”. La sua produzione ha accompagnato il “progresso” non solo merceologico, ma anche scientifico, sociale ed umano.

giovedì 3 aprile 2014

SM 2244 -- La vendetta della Merceologia -- 2001

ecole, N.S. 1, (1), 36-37 (gennaio 2001)

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

Nel corso del Settecento l’Europa fu invasa da un mare di nuove merci: il coke e il catrame ottenuti dal carbone, nuovi tipi di ferro e acciaio, la soda artificiale, i coloranti  provenienti dall’America e dall’India, la gomma importata dal Brasile, nuove fibre tessili e alimenti sconosciuti come la patata e il pomodoro e il mais, il caffè proveniente dall’Arabia e dall’Africa. Ciascuna merce con le sue brave frodi, tanto che fare il mercante diventava una cosa sempre più difficile e richiedeva informazioni e consigli ottenibili dalla botanica, dalla chimica, dalla mineralogia. Le tecniche di trasformazione delle varie materie apparivano, ai filosofi, così affascinanti da meritare una enciclopedia, quella appunto delle arti e dei mestieri, che saldava le scienze con le pratiche manifatturiere e commerciali. Tanto che, alla fine del Settecento, un professore tedesco di economia, agraria (e anche curioso cultore di storia delle invenzioni), un certo Johann Beckmann (1739-1811), suggerì che i commercianti avevano bisogno di qualcuno che gli insegnasse, a livello universitario, i caratteri e i nomi delle merci nell’ambito di una disciplina autonoma che Beckmann chiamò Warenkunde, in italiano “merceologia”.