sabato 13 marzo 2010

Quanto "idrogeno" c'è nel pane ?

Non so se vi siete mai chiesti quanto idrogeno c'è nel pane che mangiate. La prima risposta che viene in mente è che certamente c'è dell'idrogeno, perché in un chilo di pane ci sono circa 600 grammi di amido, una sostanza che si è formata dalla fotosintesi, cioè dalla combinazione dell'acqua e dell'anidride carbonica, amido che contiene circa il 6 per cento di idrogeno, per cui l'idrogeno contenuto nell'amido contenuto nel chilo di pane ammonta a circa 36 grammi; poi c'è circa un altro grammo di idrogeno presente nelle proteine del glutine, altro costituente della farina di grano con cui si fa il pane; poi ci sono 300-400 grammi di acqua, cioè altri 30-40 grammi di idrogeno; insomma in un chilo di pane c'è più o meno una settantina di grammi di idrogeno.

Ma c'è anche dell'idrogeno "occulto", non presente nel pane. Mi riferisco all'idrogeno che è stato usato per fabbricare i concimi con cui è stato concimato il campo in cui è stato coltivato il frumento.

Justus Liebig, il chimico tedesco suggerì che sarebbe stato possibile aumentare le rese agricole, in un'Europa dilaniata dalle guerre "nazionali", con una popolazione crescente e affamata, applicando al terreno dei concimi che restituissero l'azoto e il fosforo che le successive coltivazioni intensive portavano via un anno dopo l'altro. Ai tempi di Liebig l'unico concime azotato era il nitrato di sodio estratto nell'altopiano cileno e il Cile, affamato di soldi, applicava una imposta sul nitrato esportato (un po' come fanno i paesi petroliferi sul petrolio che esportano).

Chi doveva importare crescenti quantità di nitrato cercava naturalmente altre soluzioni; se occorreva azoto per le piante perché non trarlo dall'atmosfera che ne contiene quasi l' 80 %, 80.000 tonnellate di azoto gassoso su ogni ettaro ? L'unico inconveniente è che l'azoto gassoso è inerte e poco reattivo; solo alcune piante, le leguminose (piselli, fave, ma anche robinie e poche altre), sono capaci di fissare per via biologica l'azoto atmosferico. Gli esseri umani devono ricorrere a forti pressioni e a forti consumi di energia per fissare l'azoto atmosferico in qualche forma utilizzabiloe come concime in agricoltura.

I primi tentativi consistevano nello scaldare ad alta temperatura e pressione una miscela di azoto, separato dall'atmosfera, con carburo di calcio, ottenuto a sua volta ad alta temperatura da calce e carbone. La calciacianammide, così ottenuta, non era molto comoda ma fu prodotta e venduta per parecchio tempo. Quasi contemporaneamente, fra gli ultimi anni dell'Ottocento e i primi anni del Novecento, fu messo a punto un processo che consisteva nel far reagire ad altissima temperatura, in un arco elettrico, l'azoto atmosferico con l'ossigeno, che pure è presente nell'aria, per formare ossidi di azoto da cui è relativamente facile ottenere acido nitrico e nitrati simili a quelli del Cile

I primi tentativi di produzione di acido nitrico all'arco elettrico furono fatti in Norvegia, negli Stati uniti e anche in Italia. Questa operazione era però difficile e costosa, in termini sia di denaro, sia, quello che più conta, come "costo energetico", come consumo di energia per chilo di azoto "fissato".

La vera soluzione si deve all'impiego dell'idrogeno: alcuni chimici tedeschi, nei primi anni del Novecento (nei quali la Germania aveva intenzioni imperialistiche, aveva bisogno di esplosivi, a base di nutrati, e di concimi e voleva liberarsi dalla schiavitù di dover importare nitrati dal Cile, attraverso oceani che potevano essere controllati dai suoi futuri nemici) scoprirono che è possibile "fissare" l'azoto atmosferico facendo reagire, ad alta pressione, l'azoto puro e l'idrogeno in modo da ottenere ammoniaca, NH3.

In dieci anni i chimici Haber e Bosch risolsero tutti i problemi tecnici: come ottenere azoto puro separandolo dall'ossigeno dell'aria; come ottenere idrogeno trattando il carbone con vapore d'acqua, come costruire reattori resistenti alla pressione di centinaia di atmosfera, come accelerare la reazione fra idrogeno e azoto mediante catalizzatori. La "sintesi" dell'ammoniaca permise alla Germania di resistere cinque anni in guerra, dal 1914 al 1915; dall'ammoniaca infatti era possibile ottenere acido nitrico, esplosivi, concimi.

Dal 1920 in avanti l'ammoniaca sintetica è alla base della produzione di tutti i concimi e quindi anche di quelli che sono stati usati per concimare i campi di grano da cui è stato ottenuto il pane di cui si parlava all'inizio. Nel mondo si producono circa 100 milioni di tonnellate all'anno di ammoniaca (che contiene circa il 20 % di idrogeno); in Italia se ne producono circa un milione di tonnellate all'anno.

I consumi di concimi azotati sono molto variabili da luogo a luogo; una grossolana stima indica, per l'Italia, un consumo per ettaro di circa 60 kg di concimi azotati, espressi sulla base del loro contenuto di azoto N; tradotti in contenuto di idrogeno, corrispondono a pochi grammi di idrogeno, dovuto ai concimi, per chilo di pane.

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