Nicoletta Nicolini
Università degli Studi La Sapienza, Roma
Tra i molti libri che possedeva mio padre ce n’era uno cui teneva moltissimo. Un piccolo libretto dal titolo Nozioni di chimica che gli aveva regalato Agostino Berti[1] la cui dedica recita “all’amico carissimo, Nicolini Luigi, conosciuto durante il servizio militare”. Porta la data del 1941 ed è, ancora oggi, pieno di fogliettini di appunti con la calligrafia di papà evidentemente impegnato a dominare la materia. Il libretto in questione era di Roberto Salvadori e non è da meravigliarsi che chi avesse voluto studiare chimica in quel periodo ne avesse posseduto un testo. Salvadori era una figura interessante nel panorama chimico proprio per il suo approccio didattico alle conoscenze scientifiche, approccio che poneva l’esperienza come base dello studio della materia, privilegiando il metodo storico “come il più adatto ad attirare l’attenzione dei giovani”. Da qui, dai fatti naturali, dai fatti sperimentali, si arrivava alle idee, alle deduzioni, e alle ipotesi secondo un percorso che oggi sembra ovvio ma che era difficile trovare così ben formulato in programmi scolastici di 80 anni fa.[2]
L’abilità didattica di Salvadori era stata riconosciuta già ai suoi tempi, anzi si parla di “eccezionali doti”, riscontrabili in particolare nel suo primo libro Elementi di Chimica che, pur essendo un testo per gli istituti tecnici, rappresentava un “deciso rinnovamento per i metodi di insegnamento della Chimica e non nella scuola soltanto”[3]. Uscito verso il 1910, il libro ha molto successo tanto da avere 15 edizioni in 30 anni. Prima di questo lavoro Salvadori aveva già dato alle stampe un altro testo dedicato alle esperienze didattiche. Anche questa pubblicazione sembra piuttosto anomala poiché le attività sperimentali non avevano certo un’importanza editoriale per la didattica dell’epoca[4]. Ma Salvadori, non appena nominato professore all’istituto tecnico di Sassari, aveva subito dimostrato una particolare attenzione agli aspetti divulgativi della chimica con la pubblicazione su Studi Sassaresi di un breve compendio sulle esperienze di laboratorio per la migliore comprensione della legge di Lavosier.[5] La sua produzione didattica di un certo peso terminerà nel 1926 con un trattato più strutturato in tre volumi che comprende anche delle generalità sulla merceologia.[6]
Ed è questa la seconda anima di Salvadori: oltre ad essere un bravo didatta era anche un merceologo, come già evidenziato dal prof. Giorgio Nebbia nel suo articolo su “Il costo energetico delle merci” apparso in Altronovecento[7]. Un merceologo attento che aveva introdotto il valore dell’energia nei parametri complessivi delle merci e un merceologo con una particolare sensibilità alle norme per il controllo dei prodotti specialmente di fronte alle frodi, tanto da sottolineare che “la necessità del controllo è diventata ormai una regola”[8]. Salvadori entrava nel dibattito dell’epoca sul valore e sul ruolo della merceologia: che cosa insegnare, quando insegnare, per quanto tempo. Il commercio era l’ultimo arrivato nell’ambito dell’istruzione, l’ultimo ad emanciparsi dalle norme empiriche. Era una professione in cui non si richiedeva un’approfondita preparazione. “Essere commerciante voleva dire essere furbo e destro” ed i giovani ai quali mancava l’attitudine o la voglia di seguire studi superiori, sia letterari che scientifici o tecnici, venivano avviati al commercio, “poiché si riteneva che il conquistare in questa carriera una posizione indipendente e florida, potesse essere possibile non solo, ma agevole senza il sussidio di un gran corredo di cognizioni.”[9] Una volta stabilito il principio che anche una carriera commerciale dovesse avere una preparazione scientifica (e questo è il motivo dell’istituzione delle scuole superiori di commercio di fine Ottocento) e che la prima condizione per l’esercizio del commercio fosse la conoscenza perfetta delle merci, si trattava di definire quale indirizzo si dovesse dare all’insegnamento della chimica applicata al commercio ed i limiti entro i quali tale insegnamento dovesse essere tenuto. Purtroppo tutto ciò era confinato in poche ore di lezione che andranno via via ancora più scemando con la riforma delle facoltà di economia e commercio ove vi sarà la tendenza alla trasformazione in facoltà sul tipo americano della “Business Administration”.[10]
Ma tornando al dibattito dell’inizio del Novecento la merceologia, con la chimica annessa, secondo Salvadori non aveva raggiunto il suo vero significato. Per alcuni suoi colleghi era ridotta a pura tecnologia, per altri alla descrizione di proprietà, per altri ancora un problema di chimica analitica quando non un’arida descrizione di marche di prodotti in relazione ai prezzi, mentre il concetto di merce sarebbe dovuta scaturire da una sorgente di cultura più ampia. Questo era il nocciolo delle sue ambizioni. Obiettivo troppo elevato e generico? Può darsi, nel frattempo Salvadori, al corrente evidentemente delle situazioni scolastiche e consapevole che la mentalità dei ragazzi non fosse sufficientemente preparata alle comprensione delle materie professionali, si sarebbe accontentato di insegnare agli studenti in quelle poche ore di lezione come si fa a consultare il Dizionario di Villavecchia.
Ma chi era Roberto Salvadori? Nato a Mantova il 2 gennaio 1873, si laurea a Padova nel 1896 con Raffaello Nasini e per tre anni lavora come suo assistente finché vince una borsa di studio per l’estero, ed esattamente per Göttingen nel laboratorio di Walter Nernst da poco diventato ordinario in quella sede.[11] Nel 1900 Salvadori è professore di chimica nel Regio Istituto Tecnico di Sassari e dopo due anni, vincendo un concorso ed ottenendo anche la libera docenza passa al Regio Istituto Tecnico Galilei di Firenze e saltuariamente insegna alla regia Scuola Superiore di Commercio, la futura Facoltà di Economia e Commercio.[12] A Firenze rimane fino al 1938, anno della sua pensione, ed a Firenze morirà il 1 gennaio del 1940 in seguito ad una violenta e rapida malattia.
Naturalmente i primi lavori di Salvadori riguardano studi che risentono dell’indirizzo di Nasini, quindi ricerche di chimica-fisica e analisi spettroscopiche su alcune emanazioni terrestri, ma Nasini è responsabile indiretto della futura passione di Salvadori per le attività sperimentali e merceologiche con l’affidamento dell’incarico di riordinare il corredo strumentale didattico. Nel laboratorio di Nernst invece lavora sul grado di dissociazione di alcuni acidi deboli. Pubblica con l’Accademia dei Lincei nel 1912[13] e, diventato socio dell’Accademia dei Georgofili, leggerà all’Accademia una comunicazione sulla genuinità dei vini di Firenze nel 1911.[14] Riesce a contemplare impegni serissimi ed impegnati, come la stesura del capitolo sulla ”Analisi chimica elettrolitica” nella Nuova Enciclopedia di Chimica del Guareschi[15], con interessi curiosi come le perizie del 1931.[16] Ma secondo la conclusione della commemorazione di Barini Banchi “la morte lo ha colto proprio mentre lavorava con entusiasmo sopra un importantissimo problema autarchico per la realizzazione del quale aveva avuto ultimamente l’alto consenso ed incoraggiamento del Duce”.[17] Non ho idea quale potesse essere l’importantissimo problema autarchico (si era anche impegnato per lo sfruttamento dell’ittiolo dagli scisti bituminosi del Trentino) ma un suo articolo uscito nel 1930 sul Giornale di Chimica Industriale ed Applicata dal titolo “Per lo sviluppo degli studi di merceologia in Italia” mi fa pensare, e mi fa piacere pensarlo, che fosse interessato ad una riorganizzazione dei musei merceologici esistenti sulla falsariga del Deutsches Museum di Monaco, allora appena inaugurato. Salvadori aveva compiuto un lungo viaggio all’estero sotto gli auspici del Ministero dell’Educazione Nazionale. Aveva visitato l’Istituto di Merceologia della Handelshochschule di Mannheim[18] diretto dal Viktor Pöschl in cui rileva il grande spazio attribuito alla chimica per chi avesse voluto seguire la laurea in merceologia, il Museo coloniale di Amsterdam (oggi Tropenmuseum), il Museo Storico di Berna e la grande collezione di droghe di Alexander Tschirch, uno dei più grandi farmacologi svizzeri a cavallo del secolo XIX[19]. Ma nel suo articolo un risalto ancora più grande viene dedicato al Deutsches Museum di Monaco di cui è letteralmente entusiasta. Il museo di Monaco, nato da un’idea dell’ingegnere elettronico Oskar von Miller del 1903 era stato inaugurato nel maggio del 1925, “con veri e propri laboratori sperimentali in efficienza giornaliera a sfondo didattico”[20] e si sarebbe potuto “chiamare una fiera campionaria completa in perpetuo sviluppo e perfezionamento”. Salvadori vede nei musei quello strumento per “creare la cultura generale” di un popolo per l’accessibilità delle informazioni ad ogni ordine di persone negli scopi teorici, pratici, tecnologici, economici e commerciali, da un punto di vista nazionale e internazionale. Non a caso il primo nome del museo di Monaco, esempio pregnante del suo scritto, era Deutsches Museum von Meisterwerken der Naturwissenschaft und Technik (Museo tedesco per i capolavori della scienza e tecnologia) in cui veniva sottolineata l'importanza della scienza e della tecnologia per il popolo tedesco. Certo, sarebbe stato richiesto un impegno notevole, la raccolta di Tschirch si era prolungata per 40 anni e il museo di Monaco ne aveva impiegati quasi 25 per la sua realizzazione, ma partendo da musei e da raccolte già esistenti in Italia (Salvadori cita la raccolta del Laboratorio Chimico delle Gabelle di Vittorio Villavecchia[21] a Roma, quella della Scuola Superiore di Commercio di Massimo Tortelli[22] a Genova, quella di Ferruccio Truffi[23] a Venezia, quella di Giulio Morpurgo[24] a Trieste, quella della Scuola Media Commerciale di Firenze) si sarebbe potuta intraprendere quella “marcia vittoriosa sotto la spinta energica del regime”. Supposto che questo fosse stato anche l’intendimento di Salvadori e non solo dell’estensore della commemorazione, le aspettative nel regime saranno duramente frustrate. Fino alla sua morte non si vedrà nessuna spinta verso la cultura alta tramite i musei e si dovrà aspettare il dopoguerra per vedere realizzato il primo (e unico) museo nazionale della scienza e della tecnologia a Milano in contemporanea però alla dispersione di gran parte delle collezioni merceologiche citate.
[1] Credo fosse di Roma. Si era laureato a Bologna con una tesi sulla “disintegrazione artificiale degli elementi” (vedi archivio storico Bologna http://www.archiviostorico.unibo.it/template/listStudenti.asp?IDFolder=143&filtro=no&start=true&LN=IT&nEPP=200&offset=5200.) ed in seguito era diventato professore al Regio Istituto Nautico di Fiume (dal timbro personale sul libro in questione).
[2] R. Salvadori, Nozioni di Chimica, Firenze, Felice Le Monnier, 1933, p. VII
[3] G. Barini Banchi, “commemorazioni”, in La Chimica e L’industria, 1940, n. 1. p. 41.
[4] R. Salvadori, Esperienze per un Corso di Chimica, raccolte dal Dott. Speroni, Firenze, F. Le Monnier, 1907.
[5] R. Salvadori, Sulla legge della conservazione del peso: esperienze di lezione, Sassari, Gallizzi, 1901.
[6] R. Salvadori, Trattato elementare di Chimica. Vol. I. I fondamenti, con un capitolo sui calcoli stechiometrici. Vol. II. Chimica inorganica e organica, Firenze, F. Le Monnier, 1925; Vol. III. Chimica applicata. Generalità sulla Industria e sulla merceologia. L'acqua, I combustibili, Gli apparecchi. Chimica agraria. Materiali da costruzione, Firenze, F. Le Monnier, 1926.
[7] G. Nebbia, “Il costo energetico delle merci”, in Altronovecento, n. 11, 2007. Il testo “merceologico” di Roberto Salvadori è Merceologia generale. I. Concetto di merce. II. Concetto merceologico dell'energia: lezioni tenute nell'anno 1929-30, Firenze, Poligrafica Universitaria, 1930.
[8] R. Salvadori, Trattato elementare di chimica vol. III, Chimica Applicata, cit. p. 7.
[9] L. Gabba. “L’indirizzo ed i limiti dell’insegnamento della chimica in sussidio al commercio”, lettura nella seduta del 16 luglio 1899, in Annuario della Società Chimica di Milano, 1899, p. 190.
[10] Vedi W. Ciusa, “L’insegnamento della merceologia nelle Facoltà di Economia e Commercio”, in La Chimica e l’Industria, 1957, n. 8, p. 689.
[11] Walter Nernst, futuro Nobel per la chimica del 1920, era giunto a Göttingen da Leipzig nel 1890 come assistente di Eduard Riecke all’istituto fisico. Diventa professore straordinario nel 1891 e professore ordinario nel 1894. Nel 1895 fonda l’istituto di chimica-fisica ed elettrochimica, che viene inaugurato nel 1896, di cui è anche direttore. Rimarrà a Gottingen fino al 1905 quando si trasferisce all’Università di Berlino come professore di chimica, poi di fisica, diventando direttore nel 1926 nel nuovo istituto fisico-chimico allora inaugurato ed in cui rimane fino al suo pensionamento avvenuto nel 1933.
[12] Il Regio Decreto del 28 novembre 1935 modificò l'ordinamento universitario italiano istituendo la Facoltà di Economia e Commercio.
[13] R. Salvadori, “Combinazioni dell'uranio con l'idrazina”, Roma, Tip. R. Accademia dei Lincei, 1912.
[14] R. Salvadori, “Intorno ad alcuni vini genuini della provincia di Firenze”, Comunicazione letta alla R. Accademia dei Georgofili nell'adunanza del 5 febbraio 1911, Firenze, Tip. M. Ricci, 1911.
[15] R. Salvadori, voce “Analisi Chimica Elettrolitica” in Nuova Enciclopedia di Chimica Scientifica, Tecnologica e Industriale, diretta da Icilio Guareschi, vol. II Torino, Unione Tipografico-Editrice Torinese, 1913, p. 567-641.
[16] R. Salvadori, Cinque perizie inedite: Avvelenamento per stricnina. Il disastro del Sabato santo 1909 allo scoppio del carro. Farine e pane unico. Autocombustione di Cenci. Vendita adulterata di sapone, Firenze, F. Le Monnier, 1931.
[17] G. Barini Banchi. cit.
[18] A Mannheim era stata già fondata una Scuola di Commercio per figli di commercianti già nel 1778 dal nome Accademia Granducale di Commercio (Großherzogliche Handelsakademie), che però verrà chiusa nel 1817. Nel 1907 si apre la Handelshochschule comunale che verrà chiusa nel 1933 per essere riaperta nel 1946 come Wirtschaftshochschule dipendente dallo Stato.
[19] Alexander Tschirch, nato a Guben nel 1856, si laurea nel 1880 all’Università di Berlino. Dopo aver lavorato a Freiburg giunge a Berna nel 1890 come direttore del nuovo Istituto di Farmacia. Continua la raccolta di reperti iniziata dal precedente professore di farmacia Friedrich August Flückiger aggiungendo 60.000 campioni di droghe esposte in 37 armadi in cui vi era inoltre la provenienza delle piante, le classificazioni, le fotografie dell’ambiente originario ed i prodotti falsificati. Il “Museo delle droghe”, come veniva chiamato, era frequentato da moltissimi visitatori nazionali ed esteri fino al 1932, anno del pensionamento di Tschirch, ed in cui inizia il declino della raccolta. Tschirch muore a Berna nel 1939.
[20] R. Salvadori, “Per lo sviluppo degli studi di merceologia in Italia”, in Giornale di Chimica Industriale ed Applicata, anno XII, 1930, p. 127.
[21] Villavecchia Gerolamo Vittorio (Alessandria 28 maggio 1859 - Roma 29 maggio 1937).
[22] Tortelli Massimo (Bibbiena 14 luglio 1859 - Genova 12 agosto 1930).
[23] Truffi Ferruccio (Casteggio (Pavia) 7 giugno 1859 - Pavia 13 gennaio 1947).
[24] Morpurgo Giulio (Gorizia 9 febbraio 1865 - Trieste 19 ottobre 1931).
Magnifico articolo, chiaro ed esauriente. Come nipote del Prof. Roberto Salvadori, posso aggiungere ch'egli fu il primo a scoprire il gas elio in Italia calandosi nel Vesuvio. Ma non mori' di malattia, bensi' d'infezione per essersi sostituito la medicazione ad un dente con un prodotto di sua invenzione (ahilui!). Gianluca Salvadori
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