Villaggio
Globale, 16,
(64), dicembre 2013; http://rivista.vglobale.it/temi/840-nuovi-creatori/la-qualità-svenduta/la-vita-prezzata/16217-le-merci-e-il-costo-della-qualità.html
Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it
Le
seguenti considerazioni si riferiscono al concetto di “qualità” sia delle merci
sia dei servizi --- mobilità, salute, comunicazione, igiene, eccetera ---
perché anche questi, pur apparentemente immateriali, richiedono beni materiali,
merci, dai metalli ai carburanti, agli impianti telefonici e televisivi, alle
apparecchiature per radiografie, e così via.
Le
attività economiche e umane "funzionano", come i fenomeni del mondo
vivente non-umano, della biosfera, grazie ad un flusso di materia e di energia:
la materia è rappresentata da "cose" ottenute dalla biosfera ---
dall'aria, dalle acque, dal suolo, dal mondo vivente vegetale e animale --- per
lo più gratis, e da molte altre cose provenienti dalla tecnosfera,
dall'universo degli oggetti fabbricati dagli esseri umani per trasformazione
dei beni tratti dalla natura: vegetali, animali, fonti di energia, pietre,
acqua, minerali, eccetera.
Nel
processo di trasformazione e nel processo di "uso" delle
"cose", i materiali usati e i loro sottoprodotti ritornano
nell'ambiente naturale circostante sotto forma di gas, liquidi e solidi, nella
stessa quantità in peso in cui sono entrati nel processo. Alla fine del ciclo
delle merci prodotte e usate dalle attività umane, la natura risulta impoverita
di alcune delle sue risorse e la qualità di alcune delle sue risorse risulta
peggiorata per l'immissione delle scorie e dei rifiuti. E' questa una delle
cause dei guasti ambientali: infatti gli esseri umani nelle loro attività
economiche, sono incapaci di valutare correttamente i fenomeni dell'estrazione
di materia dalla natura e di contaminazione della natura, non misurabili con
l'unità "denaro".
Da
qui la necessità di cercare qualche altro indicatore dei flussi della materia e
dell'energia che sono coinvolti nei processi di produzione e di uso delle
merci: la ricerca, in altre parole, di una contabilità fisica, o
"naturale" dei processi di trasformazione della natura che ci
permetta di identificare qualche nuova unità di misura del "valore" e
della "qualità", diversa dal denaro
A
differenza di quanto avviene con i prezzi monetari, nel campo della misura dei
flussi fisici nell'economia abbiamo alcuni punti di riferimento solidi: per
definizione la materia e l'energia che entrano in ciascun processo di
produzione e di uso delle merci si ritrovano, alla fine, nella stessa quantità,
anche se modificata; una parte di tale materia ed energia è sotto forma di
merce vendibile in cambio di denaro, mentre una parte --- anzi la maggior parte
--- è sotto forma di sostanze chimiche e di energia che finiscono come
"scorie", che vengono "rifiutate" e immesse "da
qualche parte" nella biosfera. Per ciascuno di questi flussi valgono
rigorosamente i principi della conservazione della massa e di conservazione
dell'energia.
A
titolo di esempio pensiamo alla benzina bruciata in un'automobile: la merce è
la benzina e noi la paghiamo e il servizio reso è lo spostamento di una persona
a bordo per un certo numero di chilometri. Possiamo perciò dire che il servizio
costa tanti euro per persona-chilometro. Questo valore monetario non ci dice
niente sulla storia naturale della benzina, prima che sia entrata nel motore,
né ci dice niente sui gas che si liberano nell'atmosfera durante la
combustione, né dell'amianto o della polvere di gomma che vengono immessi
nell'aria durante il moto del veicolo per il chilometro considerato.
La
contabilità fisica mostra che un chilogrammo di benzina brucia soltanto se
interagisce con l'ossigeno contenuto in circa 20 kg di aria; il
"servizio", cioè lo spostamento del veicolo, è accompagnato dall'immissione
nell'ambiente degli stessi 21 kg di materiali immessi in ciclo. Le sostanze che
escono dal tubo di scappamento (o dagli sfiati del motore), pur avendo
rigorosamente la stessa massa della materia iniziale, hanno composizione
chimica molto differente: troviamo gli stessi atomi che erano presenti negli
idrocarburi della benzina, nell'ossigeno e nell'azoto dell'aria, ma adesso sono
combinati in parte ancora come ossigeno e azoto, ma anche come anidride
carbonica, ossido di carbonio, ossidi di azoto, idrocarburi diversi da quelli
della benzina, e innumerevoli altre sostanze di "rifiuto" la cui
misura e caratterizzazione è tutt'altro che facile, anche perché finora non
interessava a nessuno.
Lo
stesso vale per l'energia che era originariamente "contenuta" dentro
la benzina, come energia potenziale a bassa entropia, e che durante la
combustione si libera come calore ad alta temperatura e ancora bassa entropia
(quel calore che muove i cilindri del motore e le ruote) e alla fine si ritrova
anch'esso nei gas di scappamento e nel riscaldamento provocato dagli attriti,
come calore a bassa temperatura e ad alta entropia. La quantità di energia è
sempre rigorosamente la stessa, ma la sua qualità "merceologica", la
sua attitudine ad essere ancora utilizzata per qualche fine utile, è molto
diminuita, una perdita di utilità che si può indicare come aumento di entropia.
Le
poche precedenti considerazioni forniscono la base per la ricerca di qualche
indicatore fisico della qualità della benzina, dell’automobile o del servizio
mobilità, che ci liberi dall'arbitrio del denaro e ci fornisca qualche
informazione convincente.
Per
esempio potremmo caratterizzare la qualità di una merce o di un servizio, sulla
base della quantità di materia che richiede nel suo processo di produzione e di
uso, nel suo "ciclo vitale". Si potrà così dire che è tanto più
utile, o apprezzabile -- o ecologicamente "virtuoso" -- un processo che consente di ottenere la
stessa merce e lo stesso servizio con un minore consumo di materia prime, o con
un minore consumo di energia, o con un minore inquinamento ambientale.
Si
potrebbe così parlare di "costo energetico", di "costo in
risorse naturali", di "costo ambientale", di ciascuna merce o di
ciascun servizio, essendo, proprio come si usa considerare nel caso del valore
monetario, tanto migliore la qualità di una merce o di un servizio quanto
miniore è il loro "costo naturale". Ciascuno di questi tre caratteri
possono essere misurati in chilogrammi o in joule per cui il confronto può
essere considerato universale (o quasi).
Prima
di chiarire a che cosa potrebbe servire, in pratica, questa ricerca di nuovi
indicatori "naturali" della qualità, e anche per mostrare alcune
delle grandi difficoltà del loro computo, vorrei soffermarmi sul caso dell'energia,
certamente il più studiato e quello relativamente più facile. Secondo quanto
detto prima è possibile confrontare le merci e i servizi sulla base della
quantità di energia richiesta per la fabbricazione di una unità di peso di una
merce, o per una unità di un servizio: per esempio per consentire ad una
persona di percorrere un chilometro. Potremmo così parlare del costo energetico
di una merce o di un servizio.
L'interesse
per la misura del costo energetico delle merci, anche se da sempre presente negli
studi di Merceologia, si è fatto più vivace negli anni settanta del Novecento,
in seguito alle oscillazioni del prezzo del petrolio e delle materie prime: il
petrolio era la stessa cosa, aveva lo stesso valore energetico, quando costava
10.000 lire (correnti) alla tonnellata nel 1972 o 300.000 lire/t nel 1985 o
l'equivalente in euro di 1.200.000 lire/t come costa oggi (2013, più o meno 100
dollari per barile da 140 kg e 600 euro alla tonnellata). Il calore che libera,
i servizi che rende, la quantità e la qualità delle merci che può contribuire a
fabbricare, sono grandezze indipendenti dal prezzo unitario.
La
base razionale della ricerca di un costo energetico delle merci e dei servizi
sta nel fatto che, conoscendo tali valori, un soggetto economico, una persona,
un'azienda, che voglia consumare meno energia ha (avrebbe) a disposizione un
indicatore fisico della rispettiva qualità, un indicatore in un certo senso
"assoluto", per scegliere fra diversi processi o modi di
comportamento. Ad esempio fra due processi produttivi "varrà" di più
quello che fornisce la stessa merce con minore consumo di energia. I diversi
modi di trasporto delle persone e delle merci possono essere confrontati sulla
base del consumo di energia per chilometro percorso da una persona o da una
tonnellata di merce. Alcuni esempi si vedranno nel successivo paragrafo.
La
valutazione del costo energetico delle merci presuppone la soluzione di vari
problemi metodologici. Prendiamo un processo produttivo, quello di
fabbricazione dell'alluminio, che consiste, come è noto, nel trattare un
minerale, la bauxite, con agenti chimici che consentono di ricuperare l'ossido
di alluminio. Una seconda fase trasforma l'ossido di alluminio, miscelato con
adatti fondenti, in alluminio metallico per elettrolisi, con l'uso
dell'elettricità. In prima approssimazione si può misurare la quantità di
energia elettrica consumata per ottenere un kg di alluminio e si può affermare
che tale energia rappresenta il costo energetico dell'alluminio, o l'energia
"incorporata" nel metallo. Però bisognerebbe valutare anche il
"costo energetico" degli elettrodi di carbone e dei fondenti
impiegati nell'elettrolisi e che sono "consumati" nel processo. Per
fare le cose meglio bisognerebbe anche aggiungere il costo energetico del trasporto
di questi agenti dal luogo di produzione alla fabbrica di alluminio, e poi il
"costo energetico" del trasporto della bauxite dalla miniera alla
fabbrica e il costo energetico degli agenti con cui viene trattata la bauxite,
e avanti di questo passo. Includendo tutti i costi energetici dei vari fattori
della produzione, il "costo energetico" vero e proprio della merce,
cioè il consumo di energia nell'intero ciclo produttivo, può anche raddoppiare.
Se,
con lo stesso procedimento, si calcola il costo energetico dell'alluminio
ricavato dalla fusione del rottame, si vede che l'operazione di riciclo
consente di ottenere alluminio, che è sempre lo stesso, che ha la stessa
qualità, con un costo energetico che è circa un ventesimo rispetto a quello che
si ha quando si parte dalla bauxite; quasi come se il trattamento del rottame
consentisse di ricuperare una parte dell'energia spesa quando si è fabbricato
l'alluminio la prima volta partendo dal minerale e che è rimasta
"incorporata" nel metallo.
Un
secondo punto importante richiede la decisione di includere o meno il
"contenuto energetico" delle materie prime. Una materia plastica come
il polietilene si ottiene dall'etilene che, sua volta, si ottiene da alcune
frazioni del petrolio. Si consuma energia nella trasformazione del petrolio in
etilene (e in altri prodotti), nella trasformazione dell'etilene in
polietilene. Ma va calcolata, o no, come "costo", anche l'energia
incorporata nell'etilene in quanto derivato da una frazione di un combustibile fossile
come il petrolio ?
A
questo proposito come si tiene conto del fatto che nel legno da cui si ottiene
la pasta da carta da cui si ottiene la carta, è "contenuta" l'energia
solare che ha permesso la crescita dell'albero attraverso la fotosintesi ? Tale
energia solare è incorporata anche nei cereali, e nelle barbabietole che,
attraverso l'immissione di "altra" energia, si trasformano in pasta,
o zucchero. Comunque la pasta o lo zucchero quando liberano energia nel corpo
umano manifestano un "valore energetico" inferiore al "costo
energetico", considerato come somma dell'energia solare e dell'energia di
trasformazione.
Infine
una parte dell'energia di trasformazione delle materie naturali in merci e
materiali è sotto forma di energia elettrica: quanto "vale" l'energia
elettrica, in termini energetici ? La risposta varia a seconda che si tratti di
energia di origine idroelettrica o ottenuta in centrali termoelettriche
alimentate con combustibili fossili o con pannelli fotovoltaici. Se si
attribuisce alla unità energetica elettrica il valore, o "costo",
energetico relativo ai combustibili fossili, il cui contenuto energetico si
trasforma in elettricità solo per il 35-40 %, si ha un "costo energetico
apparente" più elevato di quello che si avrebbe se si calcolasse solo il
"valore" energetico dell'elettricità.
Ma
anche i servizi hanno un loro costo energetico che si deve calcolare per unità
di servizio, per esempio, nel caso del "servizio" trasporto, in unità
di energia per chilometro percorso da una persona o da una tonnellata di merce.
Anche questi dati vanno letti con cautela perché il costo energetico, nel caso
di una automobile, dipende dalla cilindrata, dal tipo di autoveicolo, dalla
velocità, dal numero di persone che la occupano (dal "fattore di
utilizzazione").
L'analisi
della qualità delle merci sulla base del costo energetico può aiutare a
scegliere le materie prime, a progettare i materiali, gli imballaggi, i
manufatti, sulla base di nuovi vincoli, quali la scarsità di energia o di
materie prime. Sulla base di simili considerazioni si possono cercare altri
indicatori fisici, naturali, della qualità, come il costo in risorse naturali e
il costo ambientale.
Il
primo potrebbe essere misurato sulla base della quantità di acqua, o di
minerali, o di vegetali, richiesti per produrre una unità di peso di merce; il
secondo potrebbe descrivere la quantità di rifiuti --- gassosi, liquidi o
solidi --- che accompagnano la produzione o l'uso di una unità di peso di
merce.
Infine
si può misurare il "costo ambientale" di ciascuna merce o servizio
sulla base della quantità di residui o scorie che vengono immessi nell'ambiente
nel corso della produzione o alla fine della vita utile. Ormai cominciano ad
essere emanate leggi che stabiliscono la massima quantità di agenti inquinanti
che possono essere immessi nei corpi riceventi ambientali: la massima quantità
di ossido di carbonio, o di ossidi di azoto o di zolfo o di idrocarburi
aromatici policiclici che possono essere immessi nell'ambiente per ogni kg di
benzina o gasolio bruciato in un motore o per ogni km percorso o per ogni
kilowattora di elettricità prodotta.
Comunque
nella maggior parte dei processi si hanno ben poche informazioni sulle sostanze
che accompagnano ciascun processo, benché da tali sostanze dipenda anche la salute
dei lavoratori oltre che l'effetto ambientale associato alla fase di produzione
o di uso finale delle merci. L'unico campo in cui è stato fatto qualche
progresso, anche perché è quello relativamente più facile da trattare, riguarda
le emissioni di anidride carbonica associate all'uso dei combustibili fossili e
alla produzione del cemento. Tale valore è importante perché l'aumento della
concentrazione di CO2 nell'atmosfera comporta mutamenti climatici a
lungo termine, per rallentare i quali la comunità internazionale è orientata a
prendere iniziative, anche fiscali. E' stata più volte proposta l'applicazione
di una "imposta sul carbonio", o "carbon tax",
proporzionale al contenuto in carbonio
dei combustibili e quindi, approssimativamente, alla quantità di CO2
"liberata" durante l'uso. Si è quindi di fronte a un "costo
ambientale", per esempio ad un "costo in CO2", di
alcuni processi e prodotti.
Ad
esempio la qualità delle automobili viene ormai caratterizzata, per legge anche
nella pubblicità, sulla base del numero di litri di carburante consumato per
100 chilometri (costo energetico) e del numero di grammi di CO2
emessa per chilometro (costo ambientale).
Infine,
a ben guardare, la conoscenza dei flussi materiali è richiesta dalle procedure
previste per la misura e valutazione del cosiddetto "impatto
ambientale", l'effetto sull'ambiente delle attività di produzione e di
consumo. Per poter giudicare se una località è adatta ad ospitare un impianto
produttivo viene (dovrebbe essere) richiesto anche un bilancio dei materiali in
gioco. Inutile dire che, a parte le reali difficoltà tecnico-scientifiche di
misurare le grandezze richieste, la procedura è quanto mai inefficace per la
resistenza dei produttori a indicare quello che effettivamente trattano, le
esatte quantità di scorie prodotte, informazioni sui processi e sui prodotti.
Il
ritardo delle conoscenze che consentirebbero la valutazione della qualità sulla
base della misura del "costo (o valore) fisico" delle merci e dei
processi dipende anche dal fatto che i processi educativi --- per esempio di
formazione dei chimici, degli ingegneri, degli economisti --- sono centrati
sulla misura della quantità delle materie alle quali è associato uno scambio
monetario mentre la vera qualità e utilità umana dipende anche dalle materie
naturali entrate in ciclo e dalle scorie, la cui quantità e composizione sono
difficile da misurare, valutare, conoscere. Mi fa comunque piacere ricordare
che il primo congresso nazionale di Merceologia, tenutosi proprio a Bari nel
1961, aveva come titolo: “Progresso tecnologico e miglioramento della qualità”,
che molti successivi congressi sono stati dedicati alla qualità e che, fra gli
altri, il merceologo professor Elvio Cianetti (1916-2009) ha dedicato allo
studio della qualità tutta la sua vita accademica.
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