Il blog della Società Chimica Italiana, 20
ottobre 2013
Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it
Quando non erano ancora stati inventati gli omega3, per caratterizzare
gli oli di pesce si seguiva il metodo di Tortelli-Jaffe come segue: “In un
cilindretto a piede, con tappo smerigliato e perfettamente asciutto, si
introducono 1 cm3 di olio del tutto esente da acqua, 6 cm3
di cloroformio, 1 cm3 di acido acetico glaciale, agitando fino a
soluzione omogenea, quindi 40 gocce di una soluzione al 10 % di bromo in
cloroformio e si agita nuovamente per qualche secondo: gli olii di animali
marini e i loro prodotti di idrogenazione dopo qualche minuto si colorano in verde
con riflessi azzurrini o giallognoli e questa tinta si intensifica sempre più
entro mezz’ora, passando poi al bruno”. Chimica non tanto ingenua, poi, perché
era citata nel Chemische Zeitung, vol. 39, p. 14-15 (1915) dove
la reazione è interpretata come dovuta alla presenza negli oli di un cromogeno
che, in certe condizioni, si trasforma in una sostanza con un colore
caratteristico. La reazione di Tortelli e Jaffe era citata anche nell’ Yearbook
of the American Pharmaceutical Association, vol. 4, p. 300 (1915) e in
altri testi del tempo, oltre che in tutti i libri italiani di chimica analitica
applicata e di Merceologia.
Il “Tortelli” del metodo era il prof. Massimo Tortelli, nato
nel 1859 a Bibbiena (Arezzo); laureato nel 1889; dopo aver prestato servizio
nei Laboratori Chimici delle Gabelle (poi Laboratori chimici delle Dogane),
divenne Direttore del Laboratorio Compartimentale di Genova, carica che tenne
per quasi 20 anni. Nel 1910 vinse il concorso alla cattedra di Merceologia
nell'Istituto superiore di studi economici e commerciali in Genova. Tortelli
elaborò metodi analitici per la caratterizzazione e la scoperta delle
adulterazioni degli olii vegetali più importanti, fra cui quelli di arachide,
di colza (il test di Tortelli e Fortini fu pubblicato nella Gazzetta
Chimica Italiana, vol. 41, p. 173-182 (1911)), e quello sopra ricordato
per gli oli di pesce.
Fra i suoi contributi va ricordata l’invenzione del
termoleometro, uno strumento per la misura dell’”indice termosolforico”
definito come l’aumento di temperatura che si osserva facendo reagire acido
solforico concentrato con un olio, un indice più o meno proporzionale al grado
di insaturazione dell’olio. Questo saggio fu descritto nel libretto: Massimo
Tortelli, “Termoleometro, apparecchio atto a scoprire le adulterazioni degli
olii di oliva e pure degli altri olii vegetali e animali”, Feltre, Castaldi,
1904, e si esegue come segue: in un bicchiere di vetro a doppia parete nella
cui intercapedine si è fatto il vuoto, si pongono 20 cm3 di olio in
cui si immerge uno speciale termometro che, in vicinanza del bulbo, porta due
alette di vetro che lo fanno funzionare anche da agitatore. http://win.galileilivorno.it/museo_della_chimica/popup/Tortelli_foto.html.
Al termooleometro si imprime un movimento rotatorio per
circa un minuto finché il termometro indica una temperatura stabile t. Con una
pipetta si misurano 5 cm3 di acido solforico concentrato di densità
1,8413, che si lasciano lentamente cadere sull’olio mentre con l’altra mano si
agita di continuo la miscela, servendosi del termoleometro fino a che la
temperatura si ferma per qualche minuto al valore T. La differenza T – t indica
l’”indice termosolforico” che risulta fra 41 e 45 per l’olio di oliva, 78 per
l’olio di cotone, eccetera.
Anche questo lavoro ebbe risonanza all’estero come
dimostrano le citazioni: M. Tortelli, “Estimation of thermal value of fats and
oil”, Analyst, 1909 da: Chemische Zeitschrift, 6,
(33); 125, 134, 171, 184; (34), 168 (1907);.
Tortelli scrisse inoltre un “Trattato dei metodi generali di
analisi dei grassi” e un libro sugli “Assaggi delle merci” e collaborò anche
alla “Nuova Antologia”. Erano apprezzate le lezioni per le quali si preparava,
anche negli ultimi anni, con grande scrupolo ed amore, perché fossero sempre
aggiornate. A Tortelli si deve la fondazione a Genova dell’Istituto commerciale
medio, del quale fu per molti anni direttore. Tortelli morì a 71 anni nel 1930.
Il prof. Emilio Jaffe, che collaborò con Tortelli per la
reazione dell’olio di pesce, era nato a Casale Monferrato nel 1883, dopo la
laurea in Chimica e Farmacia nel 1906, prestò servizio al Laboratorio Chimico
della Scuola Agraria di Voghera; entrò poi per concorso nei Laboratori Chimici
delle Dogane e svolse la sua attività di analista nelle sedi di Roma e Genova.
Ma la sua vocazione era l'insegnamento: nell'autunno 1925 riuscì primo nel
concorso alla Cattedra di Chimica e Merceologia dell'Istituto Tecnico Commerciale
“M.Tortelli” di Genova, cattedra che Egli tenne tanto degnamente da meritare
che l'aula di lezione e il laboratorio merceologico dell'Istituto venissero poi
intitolati al suo nome. Oltre ai lavori fatti in collaborazione col prof.
Tortelli studiò le reazioni della trietanolammina con sali di metalli pesanti.
Apprezzato da studenti e colleghi, come ebreo Jaffe fu
sospeso dall’insegnamento in seguito alle infami leggi razziali fasciste quando
aveva 55 anni e subì persecuzioni durante la seconda guerra mondiale. Dopo la
Liberazione riprese l’insegnamento e gli studi e morì a 68 anni nel 1951. In
collaborazione col prof. Luigi Prussia scrisse vari libri di Merceologia per
Istituti tecnici, che ebbero molte edizioni. La più vecchia edizione che ho
trovato è datata 1938. Quando ero assistente con famiglia a carico, curai un
aggiornamento della edizione per Istituti Tecnici Commerciali a indirizzo
mercantile, come si chiamavano allora, pubblicata nel 1966.
Del prof. Luigi Prussia non sono stato capace di trovare
notizie; risulta autore delle dispense di un corso di Chimica analitica
dell’anno accademico 1897-1898, pubblicate a Parma, il che farebbe pensare che
sia nato intorno al 1860-65; una sua pubblicazione sulla ricerca dei derivati
del petrolio negli oli di trementina è datata 1914; potrebbe essere morto negli
anni trenta del Novecento.
La cosa curiosa è che Tortelli e Jaffe, senza saperlo,
avevano svelato la presenza negli oli di pesce di una sostanza che si sarebbe
rivelata la “vitamina A” (scrivo fra virgolette perché è ben noto come molte
sostanze, idrocarburi non saturi retinoidi e carotinoidi, possano essere dotate
delle proprietà biologiche attribuite alla vitamina A). Le “virtù” dell’olio di
fegato di merluzzo erano note da tempi antichi --- un cucchiaio dello
gradevolissimo olio di fegato di merluzzo era la cura sicura per i bambini un
po’ palliducci --- ma le proprietà della “Vitamina A” sarebbero state
riconosciute soltanto nei primi anni dieci del Novecento e il nome sarebbe
stato assegnato nel 1920.
Negli anni successivi al lavoro di Tortelli e Jaffe, Otto
Rosenheim e Jack Cecil Drummond (Lancet, 198, 862
(1920)) trattando l’olio di pesce con acido solforico concentrato osservarono
la comparsa di un colore blu di breve durata; l’intensità del colore risultava
proporzionale all’effetto di vitamina A manifestato da tale olio quando
somministrato ai ratti. Nel 1925 gli stessi Rosenheim e Drummond suggerirono di
usare, invece dell’acido solforico, il reattivo di Kahlenberg, tricloruro di
antimonio in cloroformio che provocava nella soluzione una colorazione blu
della durata di due o tre minuti.
Nel 1926 Francis Howard Carr (1874-1969) e Ernest Arthur
Price (Biochemical Jouirnal, 20, 497-501 (1926) http://www.researchgate.net/publication/7038681_Colour_Reactions_Attributed_to_Vitamin_A
) perfezionarono il metodo, e la misura dell’intensità del colore blu che si
forma dopo aggiunta di una soluzione di tricloruro di antimonio a sostanze
contenenti vitamina A, per molti decenni fu utilizzata per l’analisi della
concentrazione della vitamina. Una buona rassegna delle origini del “colore
blu” che si forma dalla reazione di vari “acidi di Lewis” con molecole
strutturalmente simili alla vitamina A si trova in : http://repositories.tdl.org/ttu-ir/bitstream/handle/2346/13047/31295004916192.pdf?sequence=1
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