Nuovo Consumo, 20, (201), gennaio-febbraio 2011
Vi ricordate quando Nausicaa, principessa dei Feaci, va a lavare i suoi vestiti al fiume, un trucco degli dei per farle trovare Ulisse appena gettato dalle onde sulla vicina spiaggia ? Omero, l’autore di questa storia di circa tremila anni fa, racconta che la principessa e le sue amiche per lavare pestavano i tessuti con i piedi in una fossa piena di terra, perché gia allora si sapeva che certe terre assorbono il grasso e lo sporco dai panni; una conoscenza diffusa dovunque già nel mondo antico in cui si usava pulire con terra da folloni, una argilla (un silicato di alluminio talvolta contenente sodio, potassio, calcio), i tessuti sia a livello domestico sia, più tardi, a livello industriale.
Con il procedere dell’industrializzazione sono state scoperte le argille più idonee e l’operazione di follatura, invece che con le mani e i piedi è stata fatta con adatte macchine, le gualchiere, azionate del moto delle acque. Poi le conoscenze chimiche hanno offerto altri materiali per lavare; poi, quando si è scoperto che i carbonati di potassio e sodio delle ceneri delle piante, altri ingredienti del lavaggio, potevano essere fabbricati artificialmente, si è avuta la diffusione delle prime fabbriche di soda, già agli inizi dell’Ottocento. Poi le conoscenze della chimica hanno permesso di ottenere industrialmente i saponi, i sali di sodio e potassio degli acidi grassi.
Poi nel Novecento si è scoperto che alcuni inconvenienti del sapone, la formazione di saponi di calcio insolubili nelle acque, potevano essere evitati con i detergenti sintetici, dapprima acidi grassi naturali modificati chimicamente (come solfati o solfonati di acidi grassi), poi con detergenti del tutto sintetici ottenuti da materie prime derivate dal petrolio. Poi si è scoperto che alcuni detergenti sintetici erano “troppo perfetti” e restavano schiumosi nelle acque dei fiumi e dei laghi perché non erano degradati dai microrganismi presenti nelle acque naturali.
Ed è cominciato un cammino a ritroso. Si è visto che le materie petrolifere più economiche non erano adatte come detersivi domestici, e sono state emanate leggi che vietano la vendita di detergenti “non biodegradabili”; poi si è visto che i fosfati, altri “perfetti” additivi per il lavaggio, restavano nelle acque e provocavano la proliferazione delle alghe e il fenomeno della eutrofizzazione nei fiumi e nei laghi e sono state emanate leggi che impongono di limitarne la quantità. Poi si è visto che forse il vecchio “sapone”, che una volta si chiamava “sapone di Marsiglia”, non era poi tanto cattivo e sono comparsi dei preparati per lavare commerciali “con Marsiglia”. Poi si è visto che forse Nausicaa e i Romani e i tessitori medievali non erano tanto stupidi quando usavano la “volgare” argilla e adesso compaiono detersivi commerciali con “argilla”, che si trova in natura e che è capace di assorbire i grassi indesiderabili, per adesso quelli di piatti e pentole. Un altro esempio di crescita, declino e resurrezione delle merci e di vendetta della natura.
lunedì 13 dicembre 2010
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